Il titano Ora la posizione di Berlusconi nel paese è diventata più forte di Francesco Nucara E' evidente che il consenso di cui oggi gode il presidente del Consiglio è tale da porlo oggettivamente in una condizione di dominus del paese. L'opposizione concorda con lui sul referendum, non si differenzia sul federalismo fiscale, apprezza le leggi sulla bioetica, lo invita a partecipare al 25 aprile e poi lo applaude. In questo modo ha concorso a rafforzarne la posizione meglio di qualunque suo sostenitore. Non ricordiamo nella storia repubblicana una tale condizione di superiorità incontrastata da parte di un capo di governo. Andreotti incontrava difficoltà e rivalità sul piano politico maggiori di Berlusconi. Le elezioni europee si sono già trasformate in un banco di prova della popolarità del premier, tanto che noi abbiamo avuto il sospetto fin dal primo momento che per questa semplice ragione il segretario del Pd Franceschini preferisse non spendersi di persona. Uno svantaggio a suo danno, nelle preferenze con il premier, mostrerebbe a tutti come la segreteria del principale partito di opposizione non sia competitiva. Da alleati corretti e leali del presidente del Consiglio, vorremmo consigliargli, proprio in questo momento, cautela. Perché è vero che Berlusconi, nella sicurezza delle sue scelte, sa mostrarsi titanico, ma se poi, una volta, il titano scivola, il crollo è di proporzioni devastanti. Non è certo esclusivamente di Berlusconi la responsabilità di aver fatto delle elezioni europee un sondaggio di popolarità sulla sua persona: ad esempio il Pd si è prestato volentieri - e senza logica - alla nuova legge. Ma di fatto la semplificazione della rappresentanza italiana al Parlamento europeo sarà brutale. Lo sbarramento al 4 per cento non servirà a rendere più forte e coesa la presenza italiana a Bruxelles, ma semplicemente ad impoverirne il dibattito politico. Un dibattito che è già abbastanza povero, per la verità, se ad esempio il capogruppo del Pd al Senato, confondendosi, ritiene il federalismo europeo, quello di Altiero Spinelli a Ventotene, come un precursore "nobile" del federalismo fiscale. La forza di Berlusconi è tale da non avere particolare bisogno di accorgimenti elettorali per esercitarsi meglio. Temiamo invece che gli accorgimenti elettorali introdotti - e quelli che si paventano - restringano i margini del nostro sistema democratico. Non ci stupiremmo, ad esempio, se già da questa tornata elettorale l'aumento dell'astensionismo divenisse un dato rilevante. E Berlusconi comprende bene che, se egli raggiunge il 45 o il 47 per cento dei consensi (con un 40 per cento di astensioni), la sua influenza sulla nazione non è poi così solida. Per questo De Gasperi cercava di avere più alleati, invece che di ridurli. E' vero, gli alleati creano problemi di governo, ma meglio garantiscono la diffusione del consenso e si ripartiscono l'assunzione di responsabilità. Non è un caso che il dibattito politico sia precipitato in termini che certo il premier non può apprezzare. Quando c'è un solo protagonista sul campo, l'attenzione dei media diventa perfino maniacale. Non vogliamo discutere della qualità delle scelte delle candidature nelle liste del Pdl, ma ricordiamo (ed eravamo d'accordo) che il presidente del Consiglio, a suo tempo, sostenne la necessità dell'esperienza come più importante, nel Parlamento europeo, dello stesso rinnovamento. Anche per questo siamo convinti che molti candidati del Pdl avrebbero fatto meglio a farsi le ossa in elezioni comunali prima del debutto sulla platea di Strasburgo. Veline o meno, l'inesperienza, in questo campo, si paga. All'amico Berlusconi ricordiamo un proverbio: "Quando sali le scale, saluta tutti quelli che le scendono, poiché prima o poi toccherà a te scenderle. E sarai dispiaciuto se nessuno ti saluta". Roma, 30 aprile 2009 |